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CPO CUP
COMMISSIONE PER LE PARI OPPORTUNITÀ DEL COMITATO UNITARIO DELLE PROFESSIONI DELLA PROVINCIA DI MODENA

In collaborazione con

CONSIGLIERA DI PARITA’ DELLA PROVINCIA DI MODENA

COMITATO PER LA PROMOZIONE DELL’IMPRENDITORIA FEMMINILE

Con il patrocinio

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA

CONVEGNO
"LA VIOLENZA SULLE DONNE: ASPETTI GIURIDICI, CRIMINOLOGICI, PSICOLOGICI E SOCIALI" VENERDÌ 27 MARZO 2015

LE DONNE IN AGRICOLTURA, UNA PROSPERITA’ ECONOMICA CHE CONTINUA DA TEMPO
di Solieri Per. Agr. Manuela

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Vorrei portarvi a Modena, in Largo Garibaldi. Sì, partiamo da qui, dalla Fontana dei Due Fiumi, Panaro e Secchia, opera dell’artista modenese Giuseppe Graziosi (1879-1942). Panaro rappresentato da una statua maschile che versa acqua da un orcio e sorregge sopra le spalle un ramo d’albero, a rappresentare probabilmente le temute piene del fiume, e Secchia, una statua femminile che porta sulla spalla un fascio di spighe, a simboleggiare la fertilità portata dal fiume alle terre irrigue, e un grosso rospo sotto il piede a raffigurare l’arrivo delle acque in pianura.

Il fiume Secchia rappresentato da una donna che lavora.

Opera di G. Graziosi 1Opera di G. Graziosi 2Opera di G. Graziosi 3Opera di G. Graziosi 4

Il contributo della donna all’attività agricola è sempre stata una realtà del nostro territorio.

Con il primo conflitto mondiale si assiste ad una frattura dell’ordine famigliare e sociale. Le donne svolgono per la prima volta lavori tradizionalmente inconsueti per loro: spazzine, tranviere, barbiere, direttrici d’orchestra. Nelle campagne ci fu un ampliamento dei compiti e dei ruoli delle donne. In numeri: su una popolazione di 4.8 milioni di uomini che lavoravano in agricoltura, 2.6 furono richiamati alle armi, quindi nei campi rimasero attivi solo 2.2 milioni di uomini sopra i diciotto anni, più altri 1.2 milioni tra i dieci e i diciotto anni, contro un totale di 6.2 milioni di donne di età superiore ai dieci anni. Inevitabile fu l’occupazione femminile degli spazi riservati agli uomini che portò ad un aumento delle ore di lavoro, delle responsabilità e a svolgere compiti ritenuti pesanti come la manovra delle macchine agricole. Alla fine della guerra il rientro nei ruoli tradizionali sembrava contribuire al senso di pace e sicurezza. L’esigenza di trovare un lavoro per i reduci spinse al licenziamento rapido e completo delle donne dalle occupazioni che avevano ricoperto. Nel 1921 le donne occupate in agricoltura erano 3 milioni. La retorica dominante era quella che prescriveva alle donne il rientro nei ranghi, nei ruoli famigliari, nei compiti procreativi e materni. La morte di milioni di uomini, il relativo calo della natalità, alimentarono politiche di sostegno di incremento demografico che in Italia furono fatte proprie e sviluppate con particolare forza dal fascismo.

“Sono convinto che le donne italiane, da che e scoppiata la guerra, abbiano dato un esempio meraviglioso di patriottismo, di abnegazione e di intelligente energia. Confido che alle molte benemerenze acquistate vorranno aggiungere quest'altra, non meno degna delle loro virtù: di non complicare i già numerosi, urgentissimi e gravissimi problemi della guerra e del dopoguerra risollevando inopportunamente e prematuramente la questione dei diritti della donna”. Luigi Federzoni. Parlamentare nazionalista.

Donne e ragazze che con il loro lavoro hanno sostenuto l’economia del Paese durante il critico periodo della guerra, senza nessuna tutela, non solo lavorativa, ma anche personale perché bersaglio delle violenze da parte dei vincitori come sfregio sui vinti.

La violenza è stata storicamente usata, e viene ancora usata, come strumento di forza e di prevaricazione per incutere paura, per sopraffare, per opprimere sotto le sue forme fisiche e psicologiche. Ad oggi sono cambiate le condizioni economiche, lo stile di vita è migliorato, la scolarizzazione è aumentata e le donne rappresentano ancora di più quella ricchezza che sono sempre state.

Modena, 27 Marzo 2015

Solieri Per. Agr. Manuela

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